Un articolo di Pagina99 intitolato “La strategia della persuasione: il débat public secondo Delrio” ha scatenato nei giorni scorsi accese discussioni nei blog e sui social a causa dell’uso apparentemente ambiguo del termine “persuasione”. Discussioni simili erano frequenti durante il lungo periodo di elaborazione della prima legge sulla partecipazione della Regione Toscana, ogni volta che cittadini e rappresentanti di comitati sentivano pronunciare dagli esperti definizioni poco comprensibili e “sospette” come Consensus Building o Alternative Dispute Resolution.
Eppure è proprio nel suo potere persuasivo, nel suo essere strumento dialogico, che risiede la carica innovativa (e la potenzialità) del Dibattito Pubblico alla francese introdotto con l’art. 22 del nuovo Codice degli appalti. Non un referendum tra i SI e i NO di cui a volte ci si pente, non una raccolta di osservazioni e contributi da parte di “addetti ai lavori”, non una consultazione unidirezionale, ma una discussione pubblica informata e argomentata.
Perché non si dovrebbe cercare di risolvere i conflitti? Perché chi vuole realizzare un’opera non dovrebbe cercare di persuadere i cittadini della necessità di una scelta? Perché i cittadini non devono avere la possibilità di convincere chi governa che una scelta è sbagliata e va corretta? Il verbo “persuadere” implica il desiderio di far cambiare idea a qualcuno attraverso il convincimento: non chiedendo la fiducia ma spiegando le questioni in modo comprensibile, motivando bene le ragioni delle scelte, illustrando i motivi che hanno portato a scartare le alternative. Ma implica anche ascoltare con pazienza le voci di chi la pensa diversamente e cercare di comprenderne a fondo le ragioni. E poi magari, durante il percorso, accorgersi che esiste una soluzione migliore.
E se poi, alla fine del Dibattito Pubblico, il proponente non raccoglie nulla degli esiti delle discussioni? Beh, allora deve essere proprio un blocco di marmo o duro d’orecchi, dato che la legge (nel caso della Toscana, dove il Dibattito Pubblico è già normato) lo obbliga a partecipare a tutti gli incontri pubblici! L’esperienza insegna che efficacia dei processi partecipativi non sta nella carta ma nella pratica.
La questione delle contestazioni ambientali e dell’evidente inefficacia dell’approccio tecnocratico e dirigista è stata approfondita anche in una recente intervista di ARPAT al dott. Antonio Floridia, responsabile del Settore Politiche per la partecipazione della Regione Toscana, che giustamente osserva: “I cittadini, mettiamo, non vogliono un termovalorizzatore: che si fa? “aboliamo” i cittadini? sottraiamo ogni decisione scomoda alle procedure democratiche? deleghiamo tutto ai “tecnici”? o, piuttosto, non troviamo il modo di discutere con quei cittadini, cerchiamo di coinvolgerli in qualche modo nella decisione, provando a convincerli e a persuaderli?
Di queste cose si parlerà l’8 luglio 2016 al Festival della Partecipazione dell’Aquila, con i promotori del Dibattito Pubblico sul Porto di Livorno e con Ilaria Casillo, vicepresidente della commissione del Débat Public del governo francese, al tavolo tecnico organizzato da Giovanni Allegretti (Autorità per la garanzia e la promozione della Regione Toscana) in collaborazione con AIP2 Italia.
Per raccogliere i contributi, anche di di chi non riesce a venire, è stato aperto un apposito “tavolo virtuale” nella sezione: Gruppi di discussione.
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